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Di cosa parla il nostro libro
1. Il titolo: si ispira ad una commedia teatrale di grande successo di Giuseppe Patroni Griffi diventata un film nel 1969 con le musiche di Ennio Morricone: Metti, una sera a cena, supponi che…
2. Di cosa parla: Parla di Taranto (in particolare di Città vecchia), del mitico fondatore spartano Fàlanto (gr. Φαλάντο) e dell’opera d’arte a lui dedicata nel 2005. Parla di oracoli e profezie, di saggi consigli e astute provocazioni, di intelligenza artificiale e non .
3. Motivazioni pedagogistiche-didattiche: Fra le strategie didattiche a disposizione quella che preferisco è la discussione guidata perchè contribuisce a rendere l’ambiente di lezione un luogo di emozioni, con immaginabili effetti positivi sugli studenti. E tra le discussioni ricorrenti quella che riguarda la città è la più gettonata perchè la qualità dello stesso spazio urbano influenza il comportamento e il benessere delle persone. La città, luogo di conoscenza e di cui prendersi cura, ha una funzione pedagogica importante.
4. Le fonti di ispirazioni e un avvertenza: La letteratura, il teatro e il cinema. Tante le citazioni che vogliono essere un omaggio agli autori che amo e che mi hanno ispirato. Altra fonte di ispirazione è stata la discussione al Parlamento Europeo sull’intelligenza artificiale seguita sin dall’inizio e che ha portato, nel marzo 2024 – dopo quasi due anni di lavori – ad approvare il primo regolamento al mondo per la tutela dei diritti dei cittadini e dei lavoratori.
Avvertenza. Il libro muove i primi passi nel gennaio del 2022, un anno prima dell’uscita del film di Andrea Di Stefano, L’ultima notte di amore con Pierfrancesco Favino. Non si tratta dunque, di citazione.
5. Il mito è vero: Il mito è vero. Il fumetto è un’opera di fantasia che intreccia tre brevi storie ambientate nella Città vecchia di Taranto, ma quella sul mito di Falanto è vera per il significato che ha per i tarantini e ogni volta che l’ascolatano scoprono e ri-scoprono se stessi. Il mito ha solidi studi alle spalle, viene elaborato, tramandato dalle generazioni e conservato. I modi con cui viene conservato rappresentano la carta d’identità di una comunità, ne condizionnano l’esistere e, naturalmente, il destino.
6. Omaggi: Il libro vuole essere anche un omaggio a due artisti che conosco personalmente e a cui voglio bene: Silvana Galeone, artista di fama internazionale, cittadina del mondo, nata dove c’è il Quartiere delle Ceramiche (Grottaglie, 20 Km da Taranto), che ha realizzato l’opera dedicata al mito di Falanto: un murale su ceramica di 140 mq di estensione (tra i più grandi d’Europa) che copre la parete della palestra di una scuola costruita dopo lo sciagurato abbattimento del settecentesco Palazzo Bellando-Randone. Eravamo alla fine degli anni ’60 e lo sventramento della città vecchia fu fermentato da un gruppo di cittadini e da Antonio Rizzo, direttore della Voce del Popolo, ideatore di quel Premio Taranto (1949-52) che Giuseppe Ungaretti definì: il più bel premio d’Italia. L’opera, progettata dal Centro Culturale Filonide con il patrocinio del Comune di Taranto, si trova su Corso Vittorio Emanule II in Città vecchia, visibile sulla ringhiera. E Vitantonio Russo (con l’inseparabile moglie Rosa) economista e docente universitario, che agli inizi degli anni ’60 pone basi dell’Economic art, un insieme di Percorsi per trasferirenel mondo dell’arte il complesso linguaggio dell’Economia. Come arricchimento di questo lavoro ho rivolto una breve intervista ai due artisti che pubblico alla fine del libro.